mercoledì 11 aprile 2012

DUE


Non sono metereopatica, ma fuori piove e io mi sento depressa. Sfogo sul cibo, che trova da solo la strada del suo appagamento. E questo mi riporta a un discorso forse più deprimente del tempo, che qualche giorno fa si discuteva in famiglia. Si parlava di morti - e non c'è stato niente da fare, anche quando si cambiava argomento si finiva sempre per tornare a parlarne. Più precisamente si parlava di cosa si vorrebbe fare dopo morti. Io, per me, voglio essere cremata. O romanticamente gettata in  mare. O fatta a pezzi e sbranata dagli uccelli sulla cima di qualche montagna. O sepolta nell'orto di famiglia - se esiterà ancora. L'importante è che il mio corpo occupi uno spazio ristretto, soprattutto non voglio fiori - si seccano - al massimo una pianta che cresca rigogliosa e forte, una che a primavera fiorisca colorata. Soprattutto non voglio una festa, un funeral party dove tutti s'ingozzano vestiti a lutto. Mi sono sempre chiesta come si faccia a mangiare in momenti come questi. Mio zio li chiama succhi gastrici e quelli di certo non sanno che è morto qualcuno. Tutto forse dipende dall'intensità del dolore. L'ultima volta ricordo a me stessa di aver pranzato con diversi tranci di pizza. 

Una pizza davvero buona mentre nel letto in fondo al corridoio, alla destra del bagno, c'era la donna che non è mai stata  mia suocera.

L'avevano vestita tutta di nero, con delle orrende calze ricamate. L'avevano vestita come da tempo ormai la vedevano, ricordandola per sempre in quell'ultima immagine di sé scelta da altri in un armadio colmo di vestiti colorati.

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