giovedì 3 maggio 2012

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C’è molto da vedere anche là dove crediamo di aver già visto tutto. Non solo perché ogni giorno dovremmo avere occhi nuovi per guardare, ma anche perché a seconda del punto d’osservazione vediamo molto o molto poco, in ogni caso e inevitabilmente perdiamo qualcosa. Potremmo pensare che non sia nulla di rilevante, che il particolare non contribuisce all’insieme o all’idea generale che abbiamo di un luogo conosciuto. In parte è un’affermazione vera, ma con il tempo tendiamo a renderla assoluta. Questo è stato fino a poco tempo fa uno dei miei tanti limiti mentali e fisici, a cui non ho in verità mai seriamente pensato. Eppure.

Eppure l’osservazione è una dote importante, una virtù. Mi viene in mente che ho sempre desiderato saper disegnare e ho sempre creduto di non esserne capace. Anche la scrittura, come molte forme d’arte, descrive la realtà restituendola attraverso un canale familiare: occhi, bocca, mani, naso, orecchie. Per chi legge, l’emozione nasce negli occhi e si propaga nella bocca e nel naso, diventa musica per le orecchie e sensazione nitida di caldo e freddo sulle mani che sfogliano la pagina. Chi legge vive pienamente con tutti i suoi sensi. Immaginare attraverso le parole e gli occhi di un altro è come disegnare unendo i puntini sul foglio. La storia si tratteggia gradualmente mentre accogliamo in noi un aspetto in più di una realtà che solo poco prima non conoscevamo. Chi non si stanca di unire i puntini avrà sempre qualcosa di nuovo da scoprire anche di un luogo conosciuto. Oltre il ponte, oltre la rete, oltre la scala. C’è sempre un fiore.

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